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To see a World in a Grain of Sand And a Heaven in a Wild Flower Hold Infinity in the palm of your Hand And Eternity in an Hour.
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31 maggio 2008
clic!
| inviato da sara il 31/5/2008 alle 10:14 | |
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6 aprile 2008
X
  
| inviato da sara il 6/4/2008 alle 16:35 | |
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1 febbraio 2008
.laaaaa macchina del tempoooo, ha un buco nella gomma...
Fabio, Grande Fratello, 1 febbraio 2008 "Un sinonimo di nordico... [...] Un sinonimo di noia... [...] No... sto proprio... sto proprio a zero con l'italiano. No... questa prova gliela farò perdere al mio gruppo... L'italiano... e dai, ma chi c'ha mai parlato in italiano con...nella la mia famiglia?"
Massimo d'Azeglio, 1798-1866 "Abbiamo fatto l'Italia, si tratta adesso di fare gli italiani"
I tempi della società non sono quelli della politica. Qualcuno ha fatto i conti senza l'oste.
[però Fabio dichiara "Lingue conosciute: inglese, francese. Ha una passione per le lingue"... uhm.. vabbè. comunque è indicativo: non tutti gli italiani hanno l'italiano come lingua madre]
| inviato da sara il 1/2/2008 alle 18:54 |
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5 gennaio 2008
Disegnare il presepe: un osso
Un Pubblicitario disegna il presepe umoristico nello spot della Red Bull, che viene trasmesso (link). Dopo un po'tolgono la possibilità di mandarlo in onda. Sentendone parlare, per alcuni "ciò è male". Un Bambino vuole disegnare il presepe serio su un foglio a scuola per Natale (link). La maestra glielo impedisce. Sentendone parlare, per alcuni "ciò è bene".
Lo scenario di oggi mi sfugge.
Lasciando galoppare il cervello, perchè il confronto tra i due fatti continua a sottrarsi ad un'attribuzione adeguata di senso, incappo in un pensiero che mette a fuoco un'altra prospettiva. Da quel pensiero in poi la disputa "offese a chi crede" / "offese a chi non crede" non mi sembra più pertinente. Darle seguito sarebbe stupido come contendersi un osso tra cani da guardia, mentre il ladro che l'ha lanciato entra in casa indisturbato. Il pensiero è questo:
il Pubblicitario è ricco e potente: intanto può fare, poi si vedrà. Il Bambino è solo e piccolo: intanto NON PUO' fare, poi si vedrà.
Il fulcro grave della faccenda, allora, mi sembra la libertà. Che è concessa ai Forti e alle loro espressioni, negata ai Deboli perchè le loro espressioni non si manifestino. Siamo sempre lì. Siamo convinti di essere moderni e di tutelare il libero pensiero, invece stiamo ancora sempre dalla parte del più forte, con l'ambizione di diventare noi forti allo stesso modo.
A proposito. Qualcuno sa cosa succede ora in Birmania e in Tibet?
libertà
bambini
presepe
oppressione
| inviato da sara il 5/1/2008 alle 15:13 | |
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31 dicembre 2007
è nato un altro blog!
ancora piccolo, ma sveglio! visita La bottega del linguista (anche se non sei un linguista, che a noi ci piace conoscere gente!)letture, spunti, spuntini, croccantini da sgranocchiare da soli o in compagnia
| inviato da sara il 31/12/2007 alle 12:52 | |
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27 dicembre 2007
Metro diverso, nuova misura
Ho scambiato la ruvidezza per sincerità l'apatia per serenità la villania per spontaneità la rozzezza per semplicità.
L'ovvietà per saggezza, la banalità per chiarezza, l'impulsività per verità.
| inviato da sara il 27/12/2007 alle 19:2 | |
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20 dicembre 2007
Il mio professore
Il mio professore si diverte un mondo a fare il professore.
Il mio professore si diverte a fare ricerche su ciò che studia.
Il mio professore durante una lezione serissima fa due o tre commenti buffi e intelligenti e ti risolleva il morale.
Il mio professore sorride se ne fai uno tu.
Il mio professore prepara i CD con dentro materiali utili non protetti da copyright:
file pdf, immagini, le slide delle sue conferenze. Li masterizza in dipartimento e poi li dà a noi studenti.
Il mio professore sa usare il portatile e il proiettore gli ubbidisce.
Il mio professore fa le domande, ma non si arrabbia se nessuno risponde.
Il mio professore, quando finisce di spiegare una cosa difficile con parole semplici dice: “Tutto qui”. E tu hai capito.
Quando fai una domanda al mio professore, può capitare che lui non ti
sappia rispondere. Allora dice che è davvero una bella domanda e che
gli dispiace non poterti chiarire ora la faccenda. Però si documenterà
e proverà a risponderti alla lezione successiva.
Il mio professore la lezione successiva, anche a costo di deviare dal programma che aveva in
mente di trattare, la inizia rispondendoti e ti
lascia pienamente soddisfatto. Il mio professore, quando siamo tutti seduti mentre lui
sta spiegando alla cattedra, se ti
cade qualcosa (una penna, un foglio, una matita) e finisce lontano, lui
si alza e va a raccoglierla per te.
Il mio professore ti dice buongiorno quando entri in aula.
Il mio professore ti dà del Lei.
Il mio professore ti presta i suoi libri.
Il mio professore quando non c’è lascia aperto il suo studio in dipartimento, perché non ha nulla da nascondere e non ha paura.
Se io avessi vent’anni di più, sparerei tutte le mie cartucce con il mio professore.
| inviato da sara il 20/12/2007 alle 11:27 | |
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22 novembre 2007
Tempo
E' come se stessi aspettando. Vorrei scrivere della mia attesa, ma sono le quattro, e devo andare a prendere il treno.
Certo è che, se non appare, non posso far nulla per accelerarne i tempi.
| inviato da sara il 22/11/2007 alle 15:54 | |
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21 novembre 2007
Un giudice
Cosa vuol dire avere
un metro e mezzo di statura,
ve lo rivelan gli occhi
e le battute della gente,
o la curiosità
di una ragazza irriverente
che si avvicina solo
per un suo dubbio impertinente:
vuole scoprir se è vero
quanto si dice intorno ai nani,
che siano i più forniti
della virtù meno apparente,
fra tutte le virtù
la più indecente.
Passano gli anni, i mesi,
e se li conti anche i minuti,
è triste trovarsi adulti
senza essere cresciuti;
la maldicenza insiste,
batte la lingua sul tamburo
fino a dire che un nano
è una carogna di sicuro
perché ha il cuore toppo,
troppo vicino al buco del culo.
Fu nelle notti insonni
vegliate al lume del rancore
che preparai gli esami.
diventai procuratore
per imboccar la strada
che dalle panche d’una cattedrale
porta alla sacrestia
quindi alla cattedra d’un tribunale,
giudice finalmente,
arbitro in terra del bene e del male.
E allora la mia statura
non dispensò più buonumore
a chi alla sbarra in piedi
mi diceva Vostro Onore,
e di affidarli al boia
fu un piacere del tutto mio,
prima di genuflettermi
nell’ora dell’addio
non conoscendo affatto
la statura di Dio.
Fabrizio De André
| inviato da sara il 21/11/2007 alle 17:51 | |
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16 novembre 2007
Prima ricetta: noblesse oblige
Al Contino Andrea dei Belvisi, dacchè forse solo una lettera può dar risposta a siffatte
parole, di alcuni giorni orsono,
che mi avete malamente rivolto e che di certo ricorderete.
Voi mi avete offeso, Contino Andrea, rivolgendovi a me al
caffè, intervenendo all’improvviso nella conversazione che amabilmente
intrattenevo con due eleganti signori. Vi par quello il modo di interpellarmi, alla stregua di
quanto fareste concuna qualsivoglia fioraia o fiammiferaia lungo la strada? Non nego che questa sia la maniera con la quale siete aduso
prender parola nel vostro ben noto e reiterato trafficar con attricette e chanteuses. Con ben altra cortesia usano i signori accostarsi a me, una
cortesia fatta di gesti impeccabili e premurosi e casti sguardi, come si confà
al mio stato di Marchesina e come mai potrà attagliarsi alla vostra persona,
incomprensibile virgulto di sì pure pregiata famiglia. Del resto, anche per voi
varrà pur il saggio motto degli antichi mater
semper certa est, quam pater….
Ordunque voi avete ardito rimproverarmi sulla pubblica piazza
di un mio presunto mancar di parola?
Siete scorretto, Contino.
Non già forse voi, in uno dei vostri (rari) conversari nel
salotto della principessa di Spalmì teorizzaste l’idea del gene -qual stravagante e inaudito lessico adopraste!- a orologeria nella donna? Con queste mie orecchie vi
ho sentito affermare la vostra più totale adesione a cotesta idea da voi
partorita: adesso vorreste riprendermi riguardo ad un atto che voi stesso
affermaste intrinseco e necessario alla mia natura femminile? Il mio già annunciato ricettario prenderà forma e crescerà
con il tempo e con la misura che io stessa vorrò riservargli: non certo saranno
le vostre rimostranze a permetterne una maggiore fioritura al ritmo per giunta che voi vorreste. Non trattasi difatti di manufatti seriali, quali quegli
abominevoli oggetti di cui amate riempire la vostra casa o quali quei
gioielletti di cui prontamente e con poca spesa siete solito decorare i colli e
le braccia delle vostre predilette amies:
saranno puri distillati di cura e passione, per i quali l’attesa non sarà da misurarsi.
Con la speranza di non incontrare mai più sul mio cammino la
vostra villania, Marchesina Sara delle Spina
| inviato da sara il 16/11/2007 alle 17:39 | |
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